IL TRECENTO
Un nuovo approfondimento, come ogni lunedì, in compagnia di St-ART , che oggi ci porta alla scoperta di un’opera di Ambrogio Lorenzetti.
Ambrogio Lorenzetti (1290-1348), “Annunciation/
L’Annunciazione di Ambrogio viene presa come opera limite della produzione dell’artista, infatti è l’ultima delle cinque ad essere stata firmata, prima della grande mietitura del 1348.
A ben guardare l’opera pare quasi un dittico, sia per via di quella tortile colonnina centrale che divide in due la scena, sia per la totale indifferenza che coglie i due protagonisti l’uno per l’altro: Gabriele spiega a Maria come essa possa rimanere incinta data la sua prima incredulità e la donna, che ha già compreso, si rivolge in alto presentandosi disponibile a Dio che rimane incastrato fra le due volte all’origine della colonna. Colonna che nasconde il punto di fuga del pavimento che si rivela una delle soluzioni più sorprendenti di Ambrogio: ogni piastrella viene condotta esattamente dalla precisa griglia di linee orizzontali che incontrano le oblique dirette dietro l’esile stelo, esse sono diminuite con precisione a confermare la vicinanza alla codifica prospettica a cui era giunto il minore dei Lorenzetti.
Tuttavia l’inserimento delle masse dei personaggi pare ancora goffo, vuoi per una comprensione non ancora matematica, vuoi per la codifica tipica delle figure dell’artista mutuata da Giotto, masse enormi, colossali, debordanti, anche sgraziate, prone ad indagare la loro corporeità e i loro chiaroscuri.
Credo in ogni caso che che l’artista fosse conscio della soluzione che stava eviscerando, tanto che pare astrarre il concetto prospettico nello scambio di battute fra l’angelo e Maria che è orizzontale e quello fra la donna e il divino obliquo a 45 gradi; sembra anche che all’artista non interessasse tanto suggerire la profondità del fondo, che non è affatto profondo, bensì proiettarlo vicino allo spettatore, al primo piano, nel modo più efficace: e per accentuare questo effetto ecco che la colonna piano piano affiora dal fondo per stagliarsi in primo piano, sezionando il manto della Vergine, che così attraversa le due ipotetiche valve in una soluzione realmente originale, quasi a tirare la lamina d’oro da cui sorge.
Nell’opera non vengono a mancare quei dettagli dal preciso apparato iconografico che sono piuttosto presenti nella produzione di Ambrogio: un prezioso orecchino cinge il lobo di una Vergine non più umile, ma riconosciuta nella sua reale origine, ella è una donna che abitava un paese reale e l’orecchino come in diverse altre raffigurazioni va a precisare la natura ebraica della madre del Cristo; dall’altra parte il suo attributo religioso, la “charitas”, va ad esplicarsi nel gesto simile a quello dell’autostop di Gabriele, che Ambrogio mutua in maniera meno graziosa dal fratello nella Madonna col Bambino della Basilica Inferiore di Assisi di trenta anni precedente, e come noi chiediamo la disponibilità degli automobilisti così l’angelo chiede in vece del Signore la disponibilità del ventre: ovviamente questa è una delle tante interpretazioni del gesto che va ad affiancarsi a quelle che vogliono trovare un’immagine provvisoria, sostitutiva del Cristo che sta sbocciando all’interno della Madonna.
(Luca C.M.)