C’è un affresco strepitoso in un museo di Venezia, si tratta dell’Allegoria nuziale di Tiepolo a Ca’ Rezzonico e dà il nome alla sala in cui si trova.
L’opera venne realizzata da Giambattista Tiepolo in collaborazione con il figlio Giandomenico e Gerolamo Mengozzi, detto il Colonna, suo quadraturista di fiducia, nel 1757.
La commissione dell’affresco era prestigiosa.
La famiglia Rezzonico, infatti, contatta Tiepolo e gli affida questo incarico perchè stava per sposarsi Ludovico, nipote di papa Clemente XIII, con Faustina Savorgnan, proveniente da una ricca famiglia di origini friulane.
Tiepolo deve celebrare i Rezzonico, che aveva un membro della famiglia papa e che, con un nuovo matrimonio alle porte, vedeva solo un futuro luminoso e ricco di gloria.
Allegoria nuziale di Tiepolo a Ca’ Rezzonico: descrizione e significato
Questo affresco è l’ultima opera a Venezia, prima della partenza dell’artista per Madrid.
La vita e le opere di Tiepolo sono infatti caratterizzate da una serie di successi e di viaggi in tutta Europa per lavorare alle grandi committente che i sovrani, i principi, i cardinali e le più importanti famiglie dell’epoca gli affidavano.
DESCRIZIONE DELL’ALLEGORIA NUZIALE DI TIEPOLO
Tiepolo rappresenta un cielo splendente che si apre al di là di una finta balaustra. Si vedono quattro cavalli grigi che trainano il carro di Apollo e su cui trovano posto i due sposi, mentre il dio del sole si trova in piedi alle loro spalle.
Cupido, dio dell’amore, è bendato e avanza tra voli di colombe e di angioletti, figure premonitrici del fortunato destino della coppia di sposi.
Impossibile non notare anche la Fama che squilla la sua tromba per annunciare l’evento e le tre Grazie che si trovano su una nuvola appena sotto il carro di Apollo, insieme alla Sapienza.
Un vecchio con la barba regge lo scettro e la bandiera con gli stemmi delle famiglie degli sposi. Ai piedi dell’uomo c’è anche il leone, simbolo di Venezia.
ANALISI DELL’ALLEGORIA NUZIALE DI TIEPOLO
La luce solare che avvolge tutta la scena e i colori, tutti sui toni lievi, descrivono una scena fantastica e dal sapore fiabesco.
Si tratta di una delle prime opere realizzate da Giambattista Tiepolo a Venezia prima del suo trasferimento a Madrid, nel 1762. Si tratta dell’ultima opera ma anche di uno dei suoi più grandi capolavori, insieme al Nettuno offre doni a Venezia, esposto al Palazzo Ducale.
Il riquadro centrale è stato realizzato interamente da Giambattista Tiepolo, con la rapidità che caratterizzava il suo lavoro. In questo caso i documenti confermano che all’artista bastarono solo 12 giornate di lavoro.
Il figlio Giandomenico si occupò sicuramente delle quattro coppie di figure di satiri e satire esse dipinte a monocromo e collocate sui cornicioni. Gerolamo Mengozzi, detto il Colonna, si dedicò alla realizzazione delle altre figure.
CURIOSITÀ SULL’ALLEGORIA NUZIALE DI TIEPOLO A CA’ REZZONICO
L’Allegoria nuziale di Tiepolo è una delle opere più affascinanti di Ca’ Rezzonico, che fu la residenza della famiglia Rezzonico un tempo e che ora è sede del Museo del Settecento veneziano.
Si tratta di un’opulenta celebrazione del matrimonio, ricca di simbolismo e allegorie.
Una curiosità sull’opera riguarda la figura centrale dell’affresco: la sposa.
Molti visitatori si chiedono chi sia veramente la donna ritratta. Se davvero si tratta di Faustina Savorgnan, la sposa.
In realtà, da alcuni documenti, sembra che la modella usata dall’artista per creare questo personaggio non sia Faustina e neppure una nobildonna veneziana. Sembra invece si tratti di un’umile lavandaia veneziana di nome Angela.
La scelta di utilizzare una donna del popolo come modello per una rappresentazione così importante rifletteva l’approccio innovativo di Tiepolo, che cercava di cercare la bellezza nella vita quotidiana dei cittadini comuni.
L’Allegoria nuziale di Tiepolo è un’opera straordinaria che combina maestria tecnica con profondità concettuale. Offre una finestra affascinante sulla Venezia del Settecento e testimonia il genio artistico di uno dei più grandi pittori del suo tempo.
mix of church an pagan is no good-as modern ecumenism