ANDY WARHOL, LE CELEBRITÀ E LA FACTORY
Andy Warhol è stato un artista geniale, esponente di spicco della Pop Art ma anche un artista capace di ridare nuova vitalità ad un genere artistico considerato superato come il ritratto.
Il rapporto tra Andy Warhol e le celebrità e l’organizzazione della sua Factory gli permisero di essere un artista perfettamente calato nel suo tempo ma con uno sguardo al passato.
Andy Warhol, le celebrità e la Factory
LA FACTORY DI ANDY WARHOL
The Factory è il celebre studio di Andy Warhol che, negli anni ’60, diventò il punto di riferimento dei creativi di New York, dei protagonisti del mondo dello spettacolo, di chiunque volesse trasgredire la monotonia quotidiana per calarsi in quello spazio in cui era possibile fare letteralmente tutto.
Dalla pubblicità alla Pop Art fino alla ritrattistica contemporanea.
La Factory fu teatro di storiche feste glamour e all’avanguardia ma che durarono lo spazio di circa cinque anni, poiché nel 1968 la radicale femminista Valerie Solanas, intrufolatasi nell’atrio del loft, sparò tre colpi di pistola a Andy Warhol, vendicandosi della mancata produzione di un dramma da lei ideato e dando una svolta all vita di Warhol.
UNA NUOVA FASE PER ANDY WARHOL E PER LA FACTORY
Sopravvissuto all’attentato, Warhol, all’inizio degli anni ’70, trasferì la Factory al 860 di Broadway, in un edificio dotato di uscite di sicurezza e di un sistema di video-sorveglianza.
Tuttavia, era ormai cambiato lo spirito delle origini poiché l’artista allontanò progressivamente dalla sua cerchia i bizzarri e stravaganti personaggi che avevano animato il suo mondo fino ad allora.
Fu in questo momento che iniziò una nuova fase che trasformò la Factory in una vera e propria azienda, grazie anche alla presenza di nuovi collaboratori.
Tra i nuovi collaboratori c’era Fred Hughes, gentleman in contatto con le più ricche famiglie newyorchesi, per questo assunto come manager dell’artista, e Bob Colacello, editore della rivista Interview.
Sarà quest’ultimo, nel bel mezzo del periodo in cui Warhol passò definitivamente dalla sua fama di artista underground a quella di ritrattista dell’élite americana, a scovare e presentare ad Andy quattordici modelle molto inusuali: si tratta di emarginate e sconosciute drag queens provenienti da quella America che Oriana Fallaci etichettò nel 1966 come “sporca infelice violenta”.
I travestiti rappresentano l’ultima vera e trasgressiva icona pop ideata da Andy Warhol, che utilizzò la metafora dello sdoppiamento della personalità come escamotage artistico per raccontare al pubblico anche la sua autentica identità sessuale, contraddistinta dal desiderio di esibire una piena libertà di essere.
La leggenda vuole che Colacello si sia recato nel 1974 in trasandati locali notturni, come il Gilded Grape o il Club 82 di New York, per conoscere i travestiti ed offrire a ciascuno di loro la somma di 50 $ per essere fotografati da un “amico” (nascondendo in tal modo il dettaglio che sarebbero stati presentati ad Andy).
La leggenda vuole anche che qualcuno di loro abbia replicato che per 50 $ avrebbe potuto fare molto di più…
LE ICONE E LE CELEBRITÁ DI ANDY WARHOL
Le quattordici drag queens, ritratte con pose sensuali e sfacciate, si andarono ad affiancare alle prime stelle del cinema e dello spettacolo ritratte da Warhol (si pensi a Marilyn Monroe, Elvis Presley o Jackie Kennedy).
Gli sconosciuti travestiti finirono così per divenire delle vere e proprie celebrità. Icone e simbolo dell’emarginazione per eccellenza.
Cinque anni più tardi sarà l’artista stesso ad accettare di farsi ritrarre truccato e con indumenti da donna dal fotografo Christopher Makos.
I ritratti delle prime celebrità guadagnarono talmente fama e notorietà che negli anni ‘70, come scrive Andy Warhol stesso nei suoi diari, l’artista incominciò a ricevere molti incarichi per ritratti di celebrità e di privati che desideravano sentirsi tali, e ciò andò a rappresentare la sua principale fonte di reddito (il primo ritratto commissionato costava 25.000 $, e i successivi 15.000 $ ciascuno).
L’artista riportò così in auge un genere, quello del ritratto, che era divenuto completamente fuori moda per via della dominanza sulla scena artistica degli espressionisti astratti, i quali prediligevano una estetica anti-figurativa tipica delle scuole di astrazione europee come il Futurismo o il Cubismo sintetico.
Inoltre, Fred Hughes, nuovo manager di Andy a partire dalla fine degli anni ‘60, diverrà insieme a Bob Colacello il promotore di una rivoluzione interna alla Factory, favorendo di fatto il processo di istituzionalizzazione artistica di Warhol.
Curiosità: Colacello, durante una recente conferenza, ha dichiarato che un giorno domandò a Warhol come mai realizzasse tutti i ritratti commissionatigli rigorosamente in formato 100 x 100 cm. Andy rispose che un giorno avrebbe voluto esporre tutti i quadri insieme al Metropolitan Museum di New York, presentandoli in un unico gigantesco pannello che avrebbe denominato Portrait of the Society.
Valerie Solanas shot Warhol in the Union Square factory not the Silver Factory as per your photo. The move to Union Square took place in 1968 months before he was shot. The many parties and film screenings were in the Silver Factory before he was shot
Thank you very much for your comment.