ARTE CONTEMPORANEA, COSA NE PENSATE ?
“L’arte contemporanea è difficile”, “l’arte contemporanea vuole solo scioccare ma non ha niente da dire”.
Queste sono alcune delle frasi che si sentono più spesso quando si parla di arte contemporanea.
E’ vero che da quando è apparsa sulla scena la Fontana di Duchamp l’arte è cambiata e non è stata più la stessa, ne abbiamo parlato tante volte anche su Facebook.
Con questo post vi voglio proporre una riflessione sul contemporaneo scritta da Alice Traforti, con cui collaboro quando si tratta di arte contemporanea, che aveva già scritto un post per la mostra Flow, arte contemporanea italiana e cinese in dialogo.
Lascio la parola ad Alice!
Lo scorso marzo è uscito l’ultimo libro di Simona Maggiorelli: Attacco all’arte. La bellezza negata.
Non l’ho ancora letto, spero di farlo prestissimo perché porta nuova linfa a questioni con cui, nel mio piccolo, mi scontro quotidianamente.
Nel frattempo, io e Caterina abbiamo letto un breve estratto (in fondo al post trovi il link) molto denso di spunti che, toccando aspetti diversi, puntano il dito direttamente contro l’arte contemporanea.
Questi sono, secondo me, i punti salienti dell’articolo.
- Nelle sfere dell’art-business, oggi dilaga il culto dell’orrido in diverse forme (qui cita Damien Hirst, Koons, Delvoye, Quinn).
- La tecnologia impiegata è spesso fine a sé stessa e prende il sopravvento sulla ricerca artistica.
- Il corpo (a simbolo dell’umanità) è stato rimpiazzato da un cyborg, freddo e razionale.
- Si assiste a un fenomeno globale di espressione in bilico tra spettacolarizzazione estrema, che copre un vuoto significante, ed esaltazione dell’assenza stessa attraverso una sterile riproduzione.
- Il senso di un’immagine è strettamente legato a un concetto sotteso a essa e può essere compreso solo attraverso una spiegazione razionale.
- Il business prevale sulla ricerca, omologando il risultato estetico.
- L’arte contemporanea è un grosso imbroglio dettato dalla finanza.
Il libro racconta anche altre cose, ma non sono qui per parlarvene.
Oggi non voglio nemmeno parlarvi di quel circuito contemporaneo sano e autentico che esiste e sopravvive (seppur a fatica) in ambiti meno esagerati, più umani e autentici, strettamente connessi alla ricerca artistica.
Quello che vorrei capire insieme a voi è l’approccio del singolo verso l’arte contemporanea.
Sappiamo che la tendenza istituzionale è quella di rivolgersi prevalentemente alla business-art o ai maestri del passato. Le proposte più recenti riguardano solitamente artisti già storicizzati e riconosciuti.
L’avvicinamento dell’individuo alla produzione contemporanea, sia emergente sia più nota, si posiziona su circuiti più intimi e isolati, non così difficili da scovare.
L’arte contemporanea di ricerca esiste, come le nuove proposte, basta volerle incontrare.
Credo che la responsabilità di questa scelta spetti anche all’individuo.
Se parte del circuito (pubblico e privato) della contemporaneità viaggia su binari regolati esclusivamente da profitto e finanza, spetta al singolo cercare e appoggiare l’autenticità di un’espressione artistica che sia emblematica della società attuale, per quanto globalizzata, specchio di un’esperienza soggettiva condivisa.
- Che cosa è arte e cosa non lo è?
- Cosa è contemporaneo oggi?
- Qual è il meritato valore della ricerca artistica e quale quello economico-finanziario?
Penso che siano domande imprescindibili per un corretto approccio al contemporaneo.
Adesso siamo curiose di sapere cosa pensate voi dell’arte contemporanea, come vi avvicinate al contemporaneo, quali luoghi vorreste frequentare, quale ruolo ha l’arte contemporanea all’interno della vostra quotidianità.
E se vorrete parlare di qualche argomento affine o fra quelli sopra accennati, saremo liete di farlo insieme a voi.
LINK
L’articolo uscito su MicroMega e da cui è scaturito questo post: temi.repubblica.it/micromega-online/il-grande-imbroglio-dell’arte-contemporanea/
l’arte contemporanea ‘sana’ che è ricerca, passione, impegno, contenuto, esiste. Si, esiste il circuito di chi non si assoggetta supinamente all’uniformità richiesta dal Mercato, quel mercato che ipernutre i vari artisti shock esiste mentre fa morire di inedia tutti gli altri, ma è un circuito in cui la vita somiglia più a un atto coraggioso di volontariato artistico pro bono che non a un lavoro.
A volte capita a tutti noi col sacro fuoco dell’arte nelle vene, ammettiamolo, di pensare, potrei farlo anch’io, lasciare la mia ricerca personale e mettermi a fare ciò che i capricciosi superinvestitori dell’arte cercano.
Ma per fortuna l’Arte va oltre al mercato, è sempre stato così a pensarci bene, e ci sarà sempre chi andrà per la sua strada nonostante tutto, perché quel tipo di arte contemporanea mercantile che cuole sembrare il nuovo in realtà è diventata solo un accademismo che puzza di quella formaldeide in cui sta lo squalo di Hirst, la formaldeide che si usa per imbalsamare i morti, e ci saranno sempre degli antiaccademici che vanno avanti, in direzione ostinata e contraria, come fecero gli impressionisti, solo per citare un esempio che anche i digiuni d’arte possono cogliere. E se essere contrari può anche significare dover recuperare la bellezza e una certa ‘classicità ben venga!
Perché va detto, l’arte è davvero lo specchio del proprio tempo, e questo è un tempo dominato dal mercato, quindi quell’arte lo rappresenta alla perfezione, ma anche l’arte di chi ‘resiste’ e non molla rappresenta questo tempo, un tempo in cui la resistenza è essenziale come principale strumento democratico per non perdere il valore della propria umanità.
Tiziana ‘Tirtha’ Giammetta
Che bel commento Tiziana, grazie!
Il discorso è molto complesso e tu hai centrato alcuni punti importanti.
L’arte è lo specchio della società, e la società siamo noi!
Sono convinta che, se le spinte vanno in una direzione dominata dalla finanza, spetta proprio a noi come persone (ancor prima che come artisti, operatori, galleristi, critici, investitori…) a noi come cittadini rivendicare un approccio umano all’arte. Ma sembra che questo non interessi più di tanto!
La nota più triste si tocca quando non viene riconosciuta all’artista la propria professione e, in parallelo, quando molti si dichiarano tali senza esserlo. Ma chi siamo noi per esprimere universalmente certi giudizi? Alla fine la decisione spetta al singolo individuo.
Credo si sia persa, nel tempo e per motivi che non voglio approfondire, un’educazione di base all’arte e la conseguente consapevolezza del ruolo che essa ha nella società.
Nel nostro paese, universalmente riconosciuto patria di Arte e Cultura, è diventato apparentemente superfluo sostenere attivamente la diffusione e la conoscenza di Arte e Cultura… a partire dalla scuola.
Scuola che si sta trasformando sempre più in un apprendistato lavorativo volto alle professioni ‘utili’ e sempre meno luogo che nutre le menti e le anime di ciò che rende persone migliori.
Triste ma vero Alice.
R-Esistiamo!