Chi era Mariano Fortuny, l’artista che fu un affermato stilista ma anche un rinomato designer? Era decisamente poliedrico questo artista spagnolo che decise di vivere a Venezia e che dalla sua strepitosa casa-museo andò alla conquista del mondo.
Mariano Fortuny y Madrazo nacque a Granada, ai piedi dell’Alhambra, l’11 maggio 1871, secondogenito di Mariano Fortuny y Marsal (1838-1874), acclamato pittore spagnolo, e di Cecilia de Madrazo y Garreta (1846-1932), figlia di Federico de Madrazo y Kuntz (1815- 1894), direttore del Museo del Prado.
Chi era Mariano Fortuny: artista, stilista e designer
La prematura morte del padre induce la madre Cecilia a risiedere con la famiglia a Parigi, dove Mariano trascorre un’infanzia felice sotto l’attenta guida del nonno e dello zio materno Raimundo de Madrazo y Garreta (1841-1920), stimolato dalla vicinanza di notissimi letterati, musicisti, artisti e scienziati che frequentano la loro casa. Tuttavia ciò che attrae maggiormente Mariano Fortuny è la rivelazione di un nuovo mondo: quello del teatro destinato all’allestimento di balli spettacolari.
DA PARIGI A VENEZIA
Nel 1889 la madre Cecilia decide di trasferire la famiglia a Venezia presso Palazzo Martinengo sul Canal Grande. Anche la nuova residenza è, fin da subito, luogo d’incontro per artisti e letterati: Isaac Albéniz, Martín Rico, José María Sert, José María de Heredia, Ignacio Zuloaga e, più tardi, Marcel Proust, Reynaldo Hahn, Henri de Régnier, Paul Morand.
Mariano progredisce negli studi della pittura praticando, come vuole la tradizione, la copia dai grandi Maestri veneziani, approfondendo le ricerche tecniche sugli impasti di colore e sulle arti incisorie. Al contempo, rivelando già il suo eclettismo, coltiva in ugual misura interessi per la musica, il teatro e la fotografia.
VITA DI MARIANO FORTUNY TRA ARTE, DANZA, MUSICA E TEATRO
A partire dal 1891, in seguito a un viaggio con la famiglia a Bayreuth, avvia un ciclo di pitture e di incisioni dedicate a temi wagneriani, intensificando altresì i contatti con i circoli artistici veneziani e frequentando quell’ambiente intellettuale che da lì a breve tempo porterà all’istituzione della Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. La celebre Biennale d’Arte.
Tra le sue frequentazioni: Cesare Laurenti, Ettore Tito, Antonio Fradeletto, Pietro Selvatico, Pompeo Molmenti, Mario De Maria, Angelo Conti. Proprio quest’ultimo, funzionario delle Belle Arti, contribuisce in modo appassionato e determinante alla formazione “ideale” di Mariano. Sempre a Venezia, nel 1894, Fortuny incontra un altro personaggio che rivestirà un ruolo importante nella sua vita artistica: Gabriele d’Annunzio.
Nel 1896 invia alla VII Esposizione Internazionale di Monaco di Baviera il dipinto Ornamenti del giardino e spiriti odoriferi, più comunemente conosciuto come Fanciulle Fiore, ispirato al secondo atto del Parsifal e influenzato, come lo stesso Fortuny ricorderà in un manoscritto, dai ricordi della visione di un balletto della danzatrice americana Loïe Fuller. A Venezia stringe amicizia con lo scrittore Ugo Ojetti, con il barone Giorgio Franchetti, con il principe Fritz Hohenlohe-Waldenburg, con Hugo von Hofmannsthal ed Eleonora Duse.
In quegli anni Mariano si dedica ad attività che gli sono molto congeniali, in una continua alternanza di interessi, sempre in bilico tra pittura, illuminotecnica e scenografia. Nel 1899 la contessa veneziana Albrizzi gli affida la realizzazione della parte scenica di un’operetta allora molto in voga, Mikado, da rappresentare nel suo teatro privato. Giuseppe Giacosa, il noto librettista pucciniano, a sua volta gli suggerisce di preparare i bozzetti per Tristano e Isotta di Richard Wagner, opera che sarà rappresentata per la prima volta in Italia al Teatro alla Scala di Milano nel 1900.
LA CASA-LABORATORIO DI MARIANO FORTUNY
A Venezia, tra il 1899 e il 1906, Mariano prende possesso del Palazzo Pesaro degli Orfei, l’attuale Museo Fortuny, che nel corso degli anni diventerà prima laboratorio e poi sua residenza definitiva. È qui che nascono le idee essenziali della sua complessa riforma teatrale che partono da una riflessione analitica sulla qualità e sulla natura della luce, nonché sul potenziale tecnico inespresso nel campo dell’illuminazione scenica.
ILLUMINAZIONE E MODA NELLE OPERE DI MARIANO FORTUNY
Per un breve periodo, nel 1902 Fortuny prende in affitto uno studio a Parigi, dove si dedica alla costruzione di apparecchi luminosi, alla progettazione di un dispositivo scenografico, la “Cupola”, e allo sviluppo di un sistema più complesso e articolato per l’illuminazione della scena con luce indiretta. Tra gli estimatori che visitano lo studio parigino ci sono l’attore Coquelin Aîné, Sarah Bernhardt, il drammaturgo Victorien Sardou, lo scenografo wagneriano Friedrich Kranich, il teorico teatrale Adolphe Appia e l’esoterista Joséphin “Sar” Peladan.
Tornato a Venezia, avvia con Henriette Nigrin (1877-1965), sua compagna dal loro incontro a Parigi nel 1902, un laboratorio di stampa su stoffa.
Tutto il suo lavoro si svolge nella casa veneziana di Mariano Fortuny, che diventa anche un laboratorio e un luogo d’incontro per gli intellettuali e creativi dell’epoca.
Mariano realizza con questa tecnica alcuni costumi di scena femminili e, nel 1906, il sipario per il teatro privato della contessa di Béarn. Veli di seta di notevoli dimensioni che avvolgono quasi totalmente il corpo, portati alla maniera delle donne di Tanagra, stampati con motivi decorativi ispirati all’arte cretese e minoica, sono i prototipi di quelli successivamente conosciuti come scialli Knossos; il 24 novembre 1907, presso la Hohenzollern-Kunstgewerbehaus in Leipzigerstrasse a Berlino, Fortuny ne presenta una quindicina di modelli.
Queste creazioni delicate e leggere vengono per l’occasione decantate dal più grande poeta di lingua tedesca dell’epoca, l’amico Hugo von Hofmannsthal.
Abbandonata momentaneamente la pittura, che negli anni a venire non troverà più nei soggetti e nella tecnica d’esecuzione quella felice esperienza di fine secolo, Fortuny indirizza meticolosamente i suoi studi ai pigmenti, e non solo per le applicazioni tessili, ampliando le gamme cromatiche e impiegando colori esotici ricavati da materie organiche.
IL BREVETTO DELLA STOFFA PLISSETTATA
Nel giugno 1909 deposita presso l’Office National de la Propriété Industrielle di Parigi il brevetto della stoffa plissettata in seta, risultato ottenuto attraverso un apparecchio di sua invenzione; nel novembre successivo registra il brevetto di una tunica, prototipo di un abito che convertirà in una veste femminile in seta di ispirazione ellenistica: Delphos.
Nato da una straordinaria idea di Henriette, sarà questo capo a consacrare il successo internazionale di Fortuny. Attrici come Eleonora Duse, Sarah Bernhardt e Gabrielle Réjane, danzatrici quali Isadora Duncan o Ruth St. Denis, nobildonne come la marchesa di Polignac, l’imperatrice di Germania e la regina di Romania, femmes fatales come la marchesa Casati portano in scena e nella vita gli abiti di Mariano.
La produzione del laboratorio di Palazzo Pesaro degli Orfei, divenuto nel frattempo una vera fabbrica che conta più di cento lavoranti, diventa imponente e l’esigenza per l’artista di aprire uno spazio commerciale si fa pressante: nel 1912 inaugura una prima boutique in rue de Marignan a Parigi e, successivamente, in Old Bond Street a Londra.
Lo scoppio del primo conflitto mondiale pone però in gravi difficoltà l’attività di Mariano, che si vede costretto a ridurre fortemente il personale della fabbrica di stoffe, percependo la minaccia incombente sui suoi interessi commerciali e artistici. In quella drammatica situazione si aggiunge lo sconforto per la condizione della madre e della sorella Maria Luisa (1868-1936) che, pressate dalle ipoteche su Palazzo Martinengo, si vedono costrette a mettere in vendita parte della collezione di antichi tessuti.
SOCIETÀ ANONIMA FORTUNY
Terminata la guerra, nel 1919 Fortuny dà avvio alla costruzione dello stabilimento per la produzione esclusiva di cotoni stampati nell’isola della Giudecca, in riva San Biagio, su un terreno di proprietà di un imprenditore illuminato che diventerà suo socio, Gian Carlo Stucky. Depositati presso la Camera di Commercio di Venezia gli atti costitutivi della società per azioni denominata Società Anonima Fortuny, Mariano ne assume la direzione tecnica e artistica e vi infonde tutto il suo sapere, progettando anche la costruzione di due macchine per la stampa tessile.
Dopo tre anni di intensissimo lavoro, con l’avvio della produzione nell’agosto 1922, i primi tessuti stampati vedono la luce ed escono dall’officina della Giudecca per giungere sui tavoli degli atelier e delle boutique più rinomate d’Europa e d’America. L’interesse per il suo sistema di riforma teatrale non viene meno e, in collaborazione con la Società Anonima Leonardo da Vinci di Milano, inizia un progetto di installazione della “Cupola” per il Teatro alla Scala. L’amicizia con il direttore artistico Luigi Sapelli, in arte Caramba, e la stima di cui Fortuny gode presso il teatro milanese inducono la direzione dello stesso ad approvare il progetto che, dopo una lunga gestazione, vedrà la luce il 7 gennaio 1922 con la rappresentazione del Parsifal di Richard Wagner.
IL SUCCESSO DI MARIANO FORTUNY
A Venezia, nel 1922, si apre il Padiglione spagnolo della Biennale e Fortuny, oltre a esporre alcune opere e a decorarne le sale, viene chiamato a ricoprire la carica di commissario, impegno che manterrà fino alla Biennale del 1942. Nel 1924 gli viene conferito dal re di Spagna il titolo di console onorario a Venezia. L’anno dopo si reca in Spagna dove le sue lampade illuminano le sale di un’esposizione di Trajes regionales a Madrid; prosegue il viaggio recandosi nella sua città natale, Granada, poi in Marocco.
Lo stesso anno al Teatro Goldoni di Venezia, dove la compagnia di Emma Gramatica mette in scena Santa Giovanna di George Bernard Shaw, Fortuny fornisce le stoffe in velluto di seta stampato per i costumi e per la decorazione delle scene. Sono quelli anni molto felici, scanditi da tanti successi, e anche il grande pubblico letterario conosce il nome di Fortuny a seguito della pubblicazione presso Gallimard di Albertine disparue di Marcel Proust, parte del grande ciclo À la recherche du temps perdu.
L’ULTIMA PARTE DELLA VITA DI MARIANO FORTUNY
Ombre oscure gravano tuttavia nel 1929: la crisi delle Borse internazionali ha ripercussioni anche sulle attività tessili di Fortuny. Tra alterne vicende, è nuovamente presente alla XVII Biennale con tre opere, nel marzo 1931 si reca a Parigi per depositare un brevetto per una carta fotografica ai pigmenti di carbone di sua invenzione, commercializza i colori da lui creati e utilizzati sin dagli inizi della sua attività pittorica, è invitato a fornire le sue preziose stoffe e a disegnare l’abito di Otello per l’omonima opera di William Shakespeare, che nell’agosto 1933 sarà rappresentata nel cortile di Palazzo Ducale a Venezia.
Nel 1937 Mariano si dedica ancora ai sistemi di illuminotecnica in occasione della grande mostra su Tintoretto a Venezia: le sue lampade a luce indiretta e diffusa illuminano le sale della Scuola Grande di San Rocco, così come la pala dell’Assunta di Tiziano nella chiesa dei Frari e il ciclo pittorico di Carpaccio nella Scuola di San Giorgio degli Schiavoni. L’ultimo impegno pubblico di un certo rilievo è la preparazione dei costumi per i Trionfi sabaudi, rievocazione storica in onore del principe di Napoli, che si svolgono presso il Castello Sforzesco di Milano il 9 giugno di quell’anno: sono più di ottocento i costumi confezionati con le stoffe messe a disposizione da Fortuny.
Mariano Fortuny desidera donare Palazzo Pesaro degli Orfei al suo Paese d’origine, ma il governo spagnolo, dopo anni di indecisioni, rifiuterà per motivi finanziari. Gravemente ammalato, nel settembre 1948 Mariano stende il proprio testamento in cui afferma:
“Lascio a mia moglie tutto ciò che possiedo, ho ereditato, acquistato, prodotto, mobili e immobili, tutto senza eccezione”.
Mariano Fortuny si spegne nella sua casa veneziana il 2 maggio 1949. Avvolto in un saio come voleva la tradizione spagnola, le sue spoglie, dopo il funerale a cui assistono familiari, amici intimi e autorità pubbliche, vengono traslate a Roma nel Cimitero del Verano, accanto a quelle del suo celebre genitore.