Le ceramiche di Gio Ponti


Sai chi era Gio Ponti e cosa ha rappresentato per l’arte italiana e non solo?
Spesso si sente nominare il Made in Italy ma pochi sanno uno dei suoi massimi esponenti è stato Gio Ponti, che a partire dagli anni Venti del Novecento è stato direttore della Richard Ginori, avviando un processo di rinnovamento della produzione.

Architetto, designer e intellettuale, Gio Ponti è stato il punto di riferimento per la definizione di uno stile italiano delle arti decorative, ma il suo rapporto con la ceramica rendono le sue idee innovative all’epoca ancora attuali.

Le ceramiche di Gio Ponti

Tra il 1921 e il 1922 Gio Ponti era un giovane di talento che riceve una grande opportunità. Entra a far parte del comparto artistico della Società Ceramica Richard-Ginori, con l’incarico di rinnovare il repertorio storico della manifattura, proponendo nuove forme e decorazioni destinate a rivoluzionare il concetto stesso di modernità e a segnare la strada della linea neoclassica dell’Art Déco.

L’ESORDIO DI GIO PONTI PRESSO LA RICHARD GINORI

Le innovazioni di Gio Ponti si legano alle preziose decorazioni pittoriche, affidate alle maestranze attive all’interno dei laboratori di Doccia. Tra i motivi più celebri ideati nel corso dei primi anni si distinguono i temi legati al mondo antico, in cui la fantasia inventiva di Ponti si unisce alla profonda conoscenza della storia dell’arte antica e contemporanea, che influenza inevitabilmente la visione dell’artista.
Il confronto continuo con la classicità si lega con tracce della pittura metafisica, dalla quale deriva l’atmosfera sospesa che ricorda le Piazze d’Italia e le opere di Giorgio de Chirico.

LA COLLABORAZIONE CON GLI SCULTORI

Il compito di Ponti, in qualità di direttore artistico, è quello di fornire agli scultori che sono chiamati a collaborare con la Richard Ginori le idee e i progetti da modellare e da mettere in produzione, offrendo un campionario diversificato nei soggetti, ma in linea con il gusto e lo spirito proposto dal loro creatore.
Gli scultori Salvatore Saponaro, Libero Andreotti, Italo Griselli e Geminiano Cibau sono stati in grado di tradurre con precisione e abilità il sentimento e l’eleganza ricercata tipici del linguaggio di Ponti, sia nelle maestose figure allegoriche legate all’immaginario classico, sia nel vasto zoo di animali in porcellana, formato da elefanti esotici, divertenti toporagni, scattanti antilopi e levrieri colti in diversi atteggiamenti.

Non bisogna dimenticare, inoltre, il maestoso Centrotavola delle ambasciate d’Italia eseguito da Italo Griselli su disegni di Ponti e Tomaso Buzzi, prodotto tra il 1926 e il 1927 su commissione del Ministero degli Esteri. Recuperando infatti la grande tradizione dei monumentali centrotavola settecenteschi composti da numerosi elementi, i due architetti immaginano un gruppo centrale costituito da tredici pezzi, dominato dall’allegoria dell’Italia, intorno al quale si possono disporre liberamente numerosi pezzi singoli su basi sagomate, raffiguranti soggetti tratti dal mondo animale e vegetale.
Si tratta di un’opera molto complessa e di grande impegno tecnico, commissionata dal governo per essere inviata a tutte le ambasciate italiane all’estero, per ornare la tavola durante i pranzi ufficiali e mostrare agli ospiti una delle espressioni artistiche più rappresentative del patrimonio culturale e industriale della nazione.

LA SERIE DELLE STAGIONI EDELLA VENDEMMIA

All’interno del repertorio figurativo ideato da Gio Ponti si possono individuare alcuni temi ricorrenti, che l’artista ha adattato e rielaborato a seconda delle esigenze e delle diverse tecniche esecutive.
Tra questi, vi è il tema legato al trascorrere del tempo, interpretato simbolicamente attraverso l’immagine delle Stagioni, tradotto prima tramite la sequenza di sirene che ornano piatti, piastrelle e vasi, poi mediante coppie di contadini che trasportano i simboli della relativa stagione.
Il tema delle Stagioni viene creato appositamente per la produzione ceramica, ma c’è un gruppo diverso, quello della Vendemmia, in cui i soggetti raffigurano momenti legati alla raccolta dell’uva, ideati nel 1927 per decorare la taverna milanese Alla Penna d’Oca, e ripresi da Ponti in un secondo momento per applicarlo a piatti e piastrelle della Società Ceramica Richard-Ginori.
Il successo di questi motivi iconografici è stato tale da far sì che essi fossero riutilizzati identici o con minime varianti sia nelle ceramiche di Ezio Nesti, sia nel progetto per un vassoio in argento cesellato di Nino Ferrari.

LO SGUARDO AL PASSATO PER AVANZARE VERSO IL FUTURO

La serie di opere conosciuta con il titolo “Le mie donne” ben rappresenta la capacità di Ponti di prendere ispirazione da motivi e influenze del passato per creare qualcosa di nuovo e moderno, immediatamente riconoscibile come frutto della fantasia del loro autore, che, nel 1957, scrive:

“Per me non esiste ‘il passato’ perché considero che tutto è simultaneo nella nostra cultura”.

Alla base della serie iconografica vi è il recupero della tradizione delle “Belle donne”, ovvero quel particolare genere affermatosi a Faenza verso l’ultimo quarto del Quattrocento, caratterizzato dalla presenza di ritratti femminili, spesso associati al cartiglio riportante il nome della donna, dipinti su piatti, coppe e brocche.
L’idea di Ponti è quella di attualizzare il tema antico e di adattarlo al gusto contemporaneo dotando ciascuna figura femminile di propri tratti somatici distintivi e di un nome arcaico. Il ritratto di profilo delle “Belle donne” si ispira ai modelli del Manierismo, da Rosso Fiorentino a Benvenuto Cellini a Bartolomeo Ammannati. Ai riferimenti tardo cinquecenteschi si devono aggiungere i richiami alla contemporanea grafica di Erté e dei disegnatori déco e l’influenza derivata dai dipinti di Amedeo Modigliani, riscontrabile negli occhi dal caratteristico taglio a mandorla, nei volti a triangolo e nelle forme scattanti e allungate.

Il nucleo originario mostra le diverse donne sospese su nubi, spesso in volo su città ideali formate prevalentemente da architetture di gusto classicista e manierista, liberamente ispirate ai trattati e alle architetture di Sebastiano Serlio e Andrea Palladio. La seconda variante della serie è costituita da donne adagiate su fiori dalle ampie corolle, mentre l’ultima versione si distingue per la presenza di figure sorridenti con in mano fiori o conchiglie, sarcasticamente sospese tra intrecci di corde.

GIO PONTI, LE CERAMICHE E IL DESIGN ITALIANO

Gio Ponti è stato una figura chiave nella definizione del gusto italiano, quello che oggi definiamo Made in Italy, non solo grazie ai suoi continui e innovativi progetti per l’architettura e l’industria del design, ma anche attraverso l’eccezionale rete di contatti e relazioni con artisti e artigiani che ha saputo valorizzare e far conoscere al grande pubblico mediante due strumenti fondamentali e a lui noti: le riviste e le esposizioni.

Ponti, infatti, diffonde la sua idea di modernità grazie ad articoli dedicati a singoli artisti e manifatture, cronache di mostre ed esposizioni, consigli per gli acquisti e rassegne fotografiche che compaiono in “Domus” e “Stile”. Anche la frequentazione con il mondo delle esposizioni è una costante della sua carriera partecipando attivamente, sia come espositore, sia come membro dei comitati organizzatori.
Oltre alla duratura collaborazione con le Triennali di Milano, eredi delle mostre monzesi, Ponti è protagonista di eventi internazionali come “Italy at Work. Her Renaissance in Design Today”, mostra itinerante tenutasi negli Stati Uniti tra il 1950 e il 1953 e pensata per diventare una grande opportunità per la rinascita economica e politica della nazione dopo la guerra, volta a promuovere oltreoceano il Made in Italy attraverso i massimi rappresentanti del design e dell’alto artigianato artistico.

“Ponti si entusiasmò a questo mio modo di applicare la tecnica artistica e mi affidò subito un mucchio di lavori. C’è una grande stima reciproca, anche se fino alla fine ci siamo sempre dati del lei”.

È con queste parole che Fornasetti ricorda Ponti e la loro proficua collaborazione, iniziata sul finire degli anni trenta.

L’EREDITÀ DI PONTI

Se lo spirito di Gio Ponti prevedeva di attualizzare il tema antico e di adattarlo al gusto contemporaneo, vi sono diversi designer e artisti contemporanei che abbracciano questa idea. Molti infatti, partendo da forme e decori della tradizione, hanno sviluppato, pensato, ideato opere e cicli che ben si prestano a questo confronto a distanza.

Ico Parisi fu un grande estimatore di Ponti, di lui scrisse in diverse occasioni, sottolineandone la “preziosa scuola” e il “valido esempio” professionale e creativo.
Alessandro Mendini ha creato la serie dei vasi “100% Make-up, The new Romantic Style”, personalizzati, divenute ormai icone degli anni ’90 del Novecento, un chiaro riferimento all’aggiornamento decorativo attuato da Ponti negli anni’ 20.
Bertozzi & Casoni sono gli artisti che hanno meglio interpretato il messaggio di Ponti dell’attualità e contemporaneità del linguaggio ceramico.

Oltre alla Richard Ginori durante la sua lunga carriera Ponti entra in contatto con diverse realtà ceramiche italiane: la Cooperativa Ceramiche di Imola, Pietro Melandri e il contesto faentino (famose le cartepeste realizzate con i Dalmonte), con le Ceramiche Pozzi, Joo e Gabbianelli, per citare le principali aziende con cui promosse percorsi e progetti unici e straordinariamente attuali.
Le sue conoscenze lo vedono al centro del dibattitto culturale italiano e della definizione del razionalismo italiano. Collabora con i critici Ugo Ojetti, Edoardo Persico, lavora insieme a Luigi Fontana e a Giovanni Gariboldi, suo successore alla Richard Ginori.

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