Non è stato facile, ragazzi, ma finalmente posso pubblicare il post sulla Biennale di Venezia.
Sono passate alcune settimane dall’inaugurazione e vi ringrazio per avermi seguito sui social durante i tre giorni della Vernice e di avermi accompagnato alla scoperta dei Padiglioni e delle proposte più interessanti.
Questo post l’ho scritto di getto appena terminata l’inaugurazione, l’ho letto, riletto, corretto, stravolto, riscritto, … non è stato facile scrivere cosa ne penso di questa edizione della Biennale d’Arte e vi dico subito perché.
Si tratta di un’edizione che parla tutte le lingue del mondo e riflette sul rapporto che l’arte deve instaurare con il mondo e con una realtà fatta di una miriade di sfaccettature diverse.
La prima impressione è stata quella di una Biennale frammentata, in cui il mondo sembra parlare contemporaneamente di tante cose e in cui è difficile distinguere i concetti di ciascuno.
(Gli iscritti a Newsletter hanno già avuto la possibilità di leggere la guida breve alla Biennale con le descrizioni su ciascun Padiglione – se non l’hai ricevuta iscriviti qui e richiedi l’arretrato).
Questa edizione n. 56 della Biennale d’Arte arriva esattamente a distanza di 120 anni dalla prima edizione (1895) e per la prima volta il curatore proviene dal continente africano.
Okwui Enwezor si è già distinto come direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera e come curatore di Documenta a Kassel nel 2002, ma qui spiazza tutti invitando 136 artisti provenienti da 53 nazioni per dare vita alla mostra centrale di tutta la Biennale che ha come titolo “All the world’s future”.
Tutti i futuri del mondo di Okwui sono fatti di conflitti, di un capitalismo ormai decaduto, di tragedie di migranti di ieri e di oggi, di una natura violentata e violenta, di ribellioni e di oscuri presagi, di speranza per un futuro migliore e di poesia, di resurrezione e di musica.
Non si tratta di una Biennale allegra questo è certo e confesso che durante il terzo giorno di visita mi sentivo un po’ oppressa da tutte le problematiche e riflessioni proposte dagli artisti presenti.
Ad un certo punto ho anche provato nostalgia per l’edizione precedente e che, al contrario di questa, sembrava sprizzare gioia e felicità.
Tuttavia, questa Biennale ha dei lati positivi.
Innanzi tutto i messaggi lanciati sono forti e costringono a pensare a ciò che succede nel mondo.
Forse è la prima volta che la Biennale è davvero mondiale, perché lascia spazio ad artisti che provengono da continenti da dove non sembrano provenire delle proposte culturali importanti (ad esempio l’Africa), pertanto questa è secondo me la prima Biennale veramente multiculturale.
La maggior parte degli artisti sembra lanciare un appello alla libertà e alla giustizia e il fatto che il cuore della mostra ai Giardini sia la lettura del “Capitale” di Marx (1867) rafforza questo messaggio che parte da Venezia per raggiungere gli angoli più remoti del mondo.
Il Capitale di Karl Marx sembra per certi versi l’origine di tutti i drammi del mondo contemporaneo, ma per altri aspetti sembra essere la soluzione a tutte le contraddizioni che viviamo.
Questa credo sia il motivo per cui ho vissuto questa Biennale con fatica, perché rappresenta esattamente i tempi in cui viviamo e che sono per loro natura frammentati e complessi da decifrare.
Se la Biennale di due anni fa raccontava il passato, quella di quest’anno ci mostra il presente … in attesa che la prossima ci faccia vedere il futuro.
Alcuni artisti e Padiglioni mi sono piaciuti più di altri, ma la Biennale va vista senza pregiudizi e quindi attendo le vostre impressioni per discuterne insieme, sul blog e sui social 😉
INFO
56. Esposizione Internazionale d’Arte
All the World’s Futures
9 maggio – 22 novembre 2015
Sedi espositive
Giardini / Arsenale
Hi there, yup this piece of writing is actually good and I have learned lot of things from it about blogging.
thanks.
Lucille 🙂