Man Ray. Quando vado a vedere una mostra o mi capita di osservare un’opera d’arte, non posso fare a meno di andare a leggere la biografia dell’artista. Credo, infatti, che dagli eventi e dagli aspetti più insignificanti dell’esistenza di un uomo o di una donna, che ha dedicato la propria vita all’arte, si possa capire meglio quale messaggio ci ha lasciato con le su opere.
Questo ho fatto anche per Man Ray, quando ho partecipato alla press preview della mostra che Villa Manin gli dedica fino all’11 gennaio 2015.
Man Ray ha usato la fotografia scomponendola al fine di guidarla su terreni ancora sconosciuti.
Nato a Filadelfia (Pennsylvania) nel 1890 da emigrati russi, si trasferisce nel 1897 a New York con tutta la famiglia e qui frequenta corsi di disegno e la galleria 291 del fotografo A. Stieglitz, entrando in contatto con le avanguardie europee.
Nel 1912 la famiglia decide di cambiare il proprio cognome in Ray ed Emmanuel decide di abbreviare il suo nome in Man.
Se in un nome è scritto il destino di un uomo, si può pensare che egli stesso cambiò il suo futuro diventando di fatto “l’uomo della luce”. Infatti tutta la sua ricerca artistica indaga le potenzialità della luce in campo artistico.
La vita a New York è ricca di spunti e ispirazioni. Ammira i collage di Picasso e il Cubismo, conosce da vicino il movimento Dada e inizia a guadagnarsi da vivere con la fotografia, realizzando ritratti e documentando le opere di altri artisti per arrotondare gli scarsi guadagni della sua attività di pittore.
Nel 1913 conobbe Marcel Duchamp, con cui condivise la passione per gli scacchi e assieme al quale nel 1921 pubblicò il numero unico di “New York Dada”.
La vera svolta arriva quando Marcel Duchamp ritorna in Francia e invita Man Ray a raggiungerlo, che accetta immediatamente perché ritiene che le sue opere, accolte tiepidamente a New York, possano essere meglio apprezzate a Parigi.
Man Ray va a vivere e lavorare nel quartiere di Montparnasse, negli anni in cui in città vi è una grande esplosione di creatività e a Parigi convergono artisti da tutto il mondo.
Insieme a Jean Arp, Max Ernst, André Masson, Joan Miró e Pablo Picasso, partecipa alla prima esposizione surrealista alla Galleria Pierre a Parigi nel 1925.
A Parigi avviene anche un altro incontro importante per la sua vita e la sua arte. Conosce e si innamora della famosa cantante francese Kiki (Alice Prin), chiamata Kiki de Montparnasse, che diviene la sua modella fotografica preferita, ritraendola in centinaia di foto e resa immortale con “Le Violon d’Ingres”.
Kiki è una delle donne più rappresentative dell’effervescente Parigi degli anni Venti e fu modella per molti artisti.
Tuttavia non sarà l’unica musa per Man Ray!
Ricordate la marchesa Luisa Casati Stampa e la mostra a lei dedicata a Venezia? Proprio in occasione di quella press preview ho potuto ammirare i ritratti che Man Ray ha dedicato a quest’altra donna straordinaria e di cui l’artista subì il fascino.
Man Ray trascorre vent’anni a Montparnasse, rivoluzionando l’arte fotografica attraverso una continua sperimentazione tecnica. A lui si deve l’invenzione delle Rayografie, fotografie realizzate senza macchina fotografica direttamente su carta, con la semplice interposizione dell’oggetto tra la pellicola e la fonte luminosa. Le immagini vengono create dalla luce stessa, che si trasforma in suggestioni surreali.
La tecnica viene perfezionata attraverso diversi accostamenti di oggetti opachi, traslucidi o trasparenti, giocando sulla distanza degli oggetti dalla carta e sulla direzione della sorgente di luce, spostata attorno all’oggetto, per mezzo di una ricerca che permette all’artista di raggiungere infiniti effetti e gradazioni di toni.
L’invasione nazista del 1940 costringe Man Ray a lasciare la capitale francese per tornare a New York, per poi stabilirsi a Hollywood, dove rimarrà per 11 anni prima di ritornare a Parigi, che sarà sempre la sua patria dell’anima e dove muore nel 1976, all’età di 86 anni.
I suoi lavori sono poetici e surreali, reinventano la realtà e trasformano ogni cosa. Nelle sue opere esplora la sensualità dei corpi e traduce l’arte in un sogno, utilizzando uno stile sempre diverso e che è alla costante ricerca di nuove forme di comunicazione.
Andate a vedere i suoi capolavori a Villa Manin e se qualche altro aspetto della sua vita vi ha colpito raccontatemelo.
Attendo i vostri commenti 🙂