L’Italia ha influenzato da sempre i grandi artisti del passato, ma in alcuni casi ha trasformato il loro stile e il legame con l’Italia si è rivelato fondamentale per la creazione di grandi capolavori.
Nel 1959, Willem de Kooning, già affermato come pittore, arrivò in Italia per compiere un viaggio che si rivelò decisivo per la sua carriera e per l’evoluzione del suo stile artistico. Questo periodo non solo consolidò la sua posizione nel panorama artistico globale ma arricchì il suo stile, portandolo a esplorare nuove tecniche e nuovi materiali.
Willem de Kooning in Italia
Willem de Kooning giunse in Italia nel culmine del successo. Pochi mesi prima del suo arrivo, una sua mostra personale nel suo paese d’origine, i Paesi Bassi, aveva riscosso un notevole successo di critica, vendendo tutte le opere esposte in breve tempo. Questo successo gli offrì una stabilità finanziaria mai avuta nei suoi cinquantacinque anni di vita.
Nonostante avesse lasciato Rotterdam per gli Stati Uniti da giovane, non era più tornato in Europa fino a quel momento.
IL FASCINO DI ROMA PER DE KOONING
Durante la sua prima visita in Italia, de Kooning trascorse meno di una settimana tra Venezia e Roma, ma fu talmente colpito dalla capitale che vi fece ritorno dopo solo poche settimane.
New York mi sembrava grandiosa, ma dopo aver visto Roma, tutto mi pareva ristretto.
Fu questa la frase che disse in un’intervista durante il suo soggiorno italiano, aggiungendo che nel suo studio di New York sentiva costantemente il desiderio di visitare Roma. L’artista si fermò nella città per quasi quattro mesi, da fine settembre 1959 a inizio gennaio 1960, un periodo durante il quale approfittò per rivitalizzare il suo approccio artistico e fare significativi progressi nella sua arte.
Accolto calorosamente dalla comunità artistica romana, de Kooning strinse importanti legami che influenzarono profondamente il suo lavoro.
A differenza di molti suoi colleghi artisti che ostentano una distanza per la storia dell’arte, de Kooning rimane profondamente colpito da chi ha lasciato una traccia nel passato e riconosce l’importanza del lavoro artigianale.
La sua visita in Italia gli permette di vedere per la prima volta molte delle più grandi opere di Tiziano, Tintoretto e Bernini.
IL RITORNO IN ITALIA
Dieci anni più tardi, durante l’estate del 1969, l’artista tornò in Italia perchè invitato a partecipare al Festival dei Due Mondi a Spoleto. In questo periodo vive tra Spoleto e Roma e fu in questa occasione che un incontro casuale con un vecchio amico, lo scultore Herzl Emanuel, lo portò a sperimentare la scultura per la prima volta, dando vita a piccole figure che poi sarebbero state fuse in bronzo.
De Kooning non si era mai cimentato nella pratica scultorea, ma, grazie all’incoraggiamento di Emanuel, realizza 13 piccole figure che saranno poi fuse in bronzo.
Tornato begli Stati Uniti, de Kooning comincia a lavorare come scultore e per i successivi tre anni si concentra sulla produzione di grandi bronzi, grazie anche alla collaborazione con lo scultore David Christian, suo assistente di studio. L’argilla apre a de Kooning nuove possibilità, si confronta con la plasticità del corpo, smontandolo, appiattendolo e riassemblandone i componenti, come aveva fatto nei dipinti figurativi dei primi anni ’70.
DE KOONING E IL LEGAME CON L’ITALIA
Il disegno è sempre stato parte integrante del processo creativo di de Kooning e gli anni ‘60 e ‘70 sono stati un periodo particolarmente prolifico per la sua attività di disegnatore.
Per de Kooning i disegni non sono necessariamente studi per dipinti, come accade per molti artisti, ma vengono fatti insieme e durante la produzione di altre opere. Il disegno per lui è un’opera d’arte a sé stante e in questo ricorda molto l’esperienza che stava facendo, negli stessi anni, l’artista italo-svizzero Luigi Pericle.
De Kooning usa queste parole per descrivere l’arte che vedeva nelle chiese di Roma:
Ricordo tutto mezzo sospeso o proiettato nello spazio. I dipinti appaiono giusti da qualsiasi angolazione si scelga di guardarli.
Un commento quasi premonitore sulle sensazioni trasmesse dalle pitture eteree, permeate di luce, realizzate da de Kooning verso la fine della sua carriera. Si tratta di opere modellate da una vita passata a dipingere e a confrontarsi con la storia dell’arte e vi si riconoscono le torsioni dinamiche del Barocco e le opere di Tintoretto e di Rubens.
Le opere tarde di De Kooning, alcune delle più belle della sua carriera, sono esempi perfetti di eloquenza pittorica, espressioni fluide e vigorose di altissimo livello.
Willem de Kooning rimase sempre profondamente legato all’Italia, riconoscendo l’importanza delle grandi opere di maestri come Tiziano, Tintoretto e Bernini, che ebbe l’occasione di ammirare durante i suoi soggiorni a Roma e Venezia.
La sua arte, profondamente influenzata dalle esperienze italiane, rifletteva una fusione di realtà naturale e gesto astratto, una coesistenza di tensioni tra astrazione e figurazione, rendendo il suo lavoro un’eloquente testimonianza della tradizione e dell’innovazione.